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mercoledì 7 settembre 2011

Cardarelli, barelle finite: infartuati trasportati sulle sedie da ufficio

Articolo tratto dal Corriere del Mezzogiorno

NAPOLI — Quella migliore è tappezzata di blu ed è la più ambita perché le rotelle sono funzionanti e ci sono pure i braccioli. L’altra, decisamente più spartana, è di colore rosso, ma la tappezzeria è sventrata e manca un bracciolo. Due sedie da ufficio, due seggiulelle, messe gentilmente a disposizione dagli impiegati del pronto soccorso del Cardarelli, per far accomodare i pazienti che arrivano al padiglione delle urgenze del più grande ospedale del Mezzogiorno. E le barelle? Finite, terminate: tutte occupate da pazienti in attesa di essere visitati o ricoverati su letti che non bastano mai per tutti. In tempi di grande crisi bisogna arrangiarsi con quello che passa il convento. Ecco allora spuntare le seggiulelle. Ore 11,30 di lunedì scorso, davanti al padiglione urgenze del Cardarelli, sotto gli occhi di chi scrive e di un altro centinaio di allibiti utenti, si svolgono scenette surreali che sarebbero piaciute a un grande del cinema come Nanni Loy, capace di descrivere i paradossi della nostra città con un occhio tutto sommato benevolo.
All’ingresso del pronto soccorso c’è l’infermiere al suo posto, col camice perfettamente bianco e stirato in attesa del prossimo arrivo, della prossima persona da soccorrere. Ecco un’utilitaria, a bordo c’è una signora con una distorsione a una gamba. «Signò ce la fate a camminare? — chiede l’infermiere premuroso — , perché non ci sono barelle, c’ho solo questa sedia». La signora guarda il marito negli occhi, si stringe nelle spalle e poi decide di saltellare fino all’accettazione. Eccolo qui il triage alla napoletana: i pazienti in codice verde saltellano; le seggiulelle sono invece riservate ai casi più gravi, codici gialli e codici rossi. Cinque minuti dopo infatti la seggiulella compie il suo dovere e trasporta un’altra signora con evidenti problemi respiratori, visto che dispone di un respiratore automatico con le cannule nelle narici. L’infermiere la fa «accomodare» e poi sospinge la seggiulella all’interno del reparto. Mezz’ora dopo però anche le sedie da ufficio sono occupate. Per cui un’altra donna, probabilmente colpita da un trauma cranico, viene accompagnata dai familiari e dall’infermiere a braccetto, salvo poi svenire e piombare distesa a terra davanti al box dell’accettazione. Un robusto vigilante la prende in braccio e la trasporta all’interno. Dieci minuti dopo tocca a un vecchietto, che accusa dolori addominali, accompagnato dal figlio.La scassatissima sedia da ufficio «per fortuna» è libera e il vecchietto viene fatto sedere non senza difficoltà. E se arriva un’infartuato? Stessa procedura: seggiulella se è fortunato, altrimenti ci sono le braccia di familiari e infermieri. «Succede almeno due o tre volte al mese, per tre o quattro ore mancano le barelle», spiega il serafico infermiere dell’accoglienza, abituato a questi e chissà a quanti altri misteri dolorosi dell’assistenza sanitaria pubblica. «Accade quando c’è grande afflusso, non bastano i posti-letto; così i barellati nei reparti aumentano e di conseguenza finiscono le barelle al pronto soccorso». La direzione sanitaria è stata avvisata — garantiscono gli infermieri — ma, come direbbe Tremonti, «nessuno c’ha la bacchetta magica» e la situazione delle Asl napoletane è fin troppo nota. Dunque è inutile arrabbiarsi, abituiamoci al triage alla napoletana, con le seggiulelle da ufficio al posto delle sempre più rare barelle.
Roberto Russo

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